Terragiusta – Diario dalla Piana di Gioia Tauro | Medici per i Diritti Umani

Terragiusta – Diario dalla Piana di Gioia Tauro

Mark è un giovane ragazzo originario del Mali che viveva in uno dei casolari abbandonati della Piana di Gioia Tauro, uno dei tanti insediamenti precari raggiunti in questo territorio dalla clinica mobile di Medu. Era lì per lavorare come bracciante alla raccolta delle arance. Veniva pagato in nero: 1.20 euro per ogni cassone, circa 32 euro per 9 ore di lavoro giornaliere.

Mark è titolare di un permesso di soggiorno per protezione sussidiaria che dà diritto ad accedere per almeno sei mesi ad una struttura di accoglienza, ma non ne sapeva nulla e non ne aveva mai usufruito, nonostante fosse in Italia da tre anni.

Quando lo abbiamo incontrato, Mark era perplesso. Aveva deciso di lavorare come bracciante per mandare i soldi a casa e quando lo abbiamo informato della possibilità di accedere ad una struttura di accoglienza e ad un percorso di inclusione sociale, temeva che avrebbe solo perso tempo.  Con lui c’era un amico, anche lui interessato a capire il funzionamento del sistema di accoglienza. Dopo averci pensato, l’amico ha deciso di continuare a lavorare come bracciante, Mark no. Mark vuole provare ad iniziare un altro percorso. Così abbiamo avviato la procedura per richiedere il suo inserimento in un centro SPRAR e lo abbiamo accompagnato.

Durante il viaggio, Mark ci confida di voler fare il saldatore. Ha sentito che in Italia c’è bisogno di saldatori, ma nonostante lui abbia già fatto questo lavoro, sa che la sua esperienza non è ufficialmente riconosciuta qui. Vorrebbe quindi seguire una specifica formazione e ricevere un attestato che certifichi la sua professionalità.

Nonostante le precarie condizioni lavorative nella Piana, Mark continuava a ripetersi una sorta di mantra: “L’Italia mi ha salvato nel mare, questo non lo scorderò mai. Se l’Italia non mi avesse salvato, sarei morto. Devo ringraziare l’Italia”. Questa frase la ripeteva ogni volta che ci raccontava le condizioni di sfruttamento lavorativo che lui e altri ragazzi subiscono, come se questo fosse il prezzo da pagare per essere stato salvato in mare. Questa frase gli dava la forza per resistere alla precarietà delle condizioni abitative e per lavorare senza alcun diritto.

 

Tipo di documento: News,
Progetto: Terragiusta nel sud d'Italia