“Mi ricollego a quello che siamo noi, il team di MEDU: esseri umani che prendono per mano altri esseri umani…” | Medici per i Diritti Umani

“Mi ricollego a quello che siamo noi, il team di MEDU: esseri umani che prendono per mano altri esseri umani…”

Testimonianza di Najla Hassen

Sapevo che oggi sarebbe stato diverso, lo sentivo addosso, e il freddo gelido del corridoio che ci portava al blocco 10 sembrava un perfetto contorno. Il nostro nuovo paziente-detenuto è condannato per un reato moralmente grave. Con il rumore dei nostri passi in sottofondo, la mia mente si chiedeva quale aspetto avrebbe avuto, in che modo mi avrebbe guardata, ma soprattutto riuscirò a non far trapelare nulla di tutto ciò che mi gira per la testa?

Nell’attesa, Veronica, la mia collega psicologa, mi chiede se fossi d’accordo sul cambio di una sedia; la preferisce uguale alle altre due, un modo per prendersi cura di quel luogo anonimo e di nessuno, che presto si trasformerà in un setting clinico.

Prendo posto, e davanti a me, la mia agenda e una copia di “L’umanità in tempi bui” di Hannah Arendt. In carcere, porto sempre qualcosa da leggere; non sopporto le lunghe attese.

A un certo punto, un agente penitenziario annuncia l’arrivo del nostro ragazzo. Qualche secondo dopo, era già davanti a me. La mia mente e, con uno sguardo discreto, cercavo sul suo volto un collegamento col reato commesso. Presto però, come una macchina da scrivere che ritorna a capo, mi ricollego a quello che siamo noi, il team MEDU: esseri umani che prendono per mano altri esseri umani. Torno a vedere limpido il perché siamo lì tra le mura di una struttura penitenziaria: ricordare ai detenuti che sono persone. Presto, quel volto torna ad essere il volto di un fragile adolescente che ha commesso un errore. E con un perfetto italiano, dichiara un “voglio essere ascoltato”.

Siamo dentro il carcere con i detenuti, per i detenuti, ma anche per la società. Un percorso di umanizzazione e di cura può facilitare la ricostruzione di un legame umano positivo. Si restituisce alla società una persona pronta a ricostruire a partire dal sentirsi vista e dal sentirsi persona. Anche chi sta scontando una pena, in società dovrà tornare.

Testimonianza di Najla Hassen, mediatrice interculturale, impegnata insieme a MEDU nell’intervento Koinè presso la Casa Circondariale Cavadonna di #Siracusa.-

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