La sindemia dei braccianti invisibili nella Piana di Gioia Tauro | Medici per i Diritti Umani

La sindemia dei braccianti invisibili nella Piana di Gioia Tauro

La seconda ondata del Coronavirus è arrivata prepotentemente anche in Calabria. Da venerdì 6 novembre 2020 la Regione è stata dichiarata zona rossa, con oltre 400 nuovi casi positivi al giorno nel corso dell’ultima settimana. Il 12 novembre, le persone ricoverate in tutta la Regione erano 306, di cui 21 in terapia intensiva. In una Regione che conta solo 2,5 posti letto per ogni mille abitanti contro i 4 della media nazionale e che dispone di solo 146 posti in terapia intensiva, quando le linee guida del Ministero della Salute ne prevedono quasi il doppio. A fine ottobre il sistema sanitario era già al collasso, con i reparti di malattie infettive e pneumologia saturi in tutti i grandi ospedali

Le pessime condizioni del sistema sanitario calabrese – tra commissariamenti per mafia, tagli lineari di reparti, servizi e personale, blocco del turnover –  incidono sulla salute di tutta la popolazione, ma hanno un impatto ancora più deleterio sulle persone che vivono in condizioni socio-abitative estremamente precarie, come i migranti e i rifugiati che ogni anno giungono nella Piana di Gioia Tauro per lavorare come braccianti nella raccolta agrumicola. Per loro infatti non è stato predisposto un piano istituzionale di screening e sorveglianza epidemiologica attiva, nè tantomeno alberghi sanitari dove isolare i casi positivi.

Già nel mese di ottobre,  i due principali insediamenti dove vivono oltre 500 braccianti – il campo container di Rosarno e la tendopoli di San Ferdinando – sono stati sottoposti a zona rossa , in seguito ad un intervento di screening da parte della ASP di Taurianova che ha permesso di rilevare la presenza di un’elevata percentuale di casi positivi (18 su 88 tamponi effettuati presso il campo container e 14 su 30 presso la tendopoli). Presso il campo container sono state allestite delle tende separate per l’isolamento dei casi positivi, mentre presso la tendopoli non è stato possibile effettuare un numero significativo di tamponi nè isolare adeguatamente i casi positivi. E’ mancato poi – e manca tutt’ora – un intervento di sorveglianza attiva così come l’istituzione di alberghi sanitari in strutture adeguate per la quarantena dei casi positivi. Ai problemi di natura sanitaria, si aggiunge l’urgenza dei braccianti di provvedere al sostentamento proprio e delle famiglie rimaste nei paesi di origine, sebbene nella maggior parte dei casi in assenza di un regolare contratto. Le diffuse irregolarità sul lavoro ostacolano poi l’accesso ai diritti fondamentali quali l’accesso alla medicina di base, il riconoscimento dell’indennità di malattia, il rinnovo dei documenti di soggiorno.

 

MEDU è tornata ad operare negli insediamenti precari della Piana di Gioia Tauro nel mese di ottobre e da allora svolge attività di screening e informazione, nonchè di assistenza medica di base nel tentativo di supportare le istituzioni sanitarie locali nella prevenzione e nel contenimento del Covid-19 e di tutelare il diritto alla salute delle persone più vulnerabili.

In assenza di azioni sistemiche per il potenziamento dei servizi sanitari, della predisposizione di alberghi sanitari per l’solamento dei casi positivi, di un piano di sorveglianza epidemiologica attiva, di un sostegno insieme sociale e sanitario alle persone più vulnerabili e di un’azione decisa contro le illegalità sul lavoro, il tentativo di contenere la pandemia e la tutela della salute collettiva in Calabria e in particolare nella Piana di Gioia Tauro sembra destinato ad un pericoloso fallimento.

 

Tipo di documento: News,
Progetto: Terragiusta nel sud d'Italia