Diario di Pozzallo | Medici per i Diritti Umani

Diario di Pozzallo

 

– Testimonianza di ​Ilaria Onida, coordinatrice del team MEDU Sicilia-

Le condizioni climatiche decidono il destino di chi sta a bordo della nave Jonio. Dopo il salvataggio avvenuto a largo delle acque siciliane, il mare rimane molto mosso per giorni e quando si decide per il porto sicuro per lo sbarco, è lui che impedisce l’avvicinamento alle coste in condizioni di sicurezza. Perciò 142 dei 212 migranti a bordo vengono fatti scendere a Lampedusa. Si tratta delle persone più fragili tra cui donne e bambini. Le restanti 70 persone salvate dall’equipaggio della Mare Jonio attraccano nel pomeriggio di domenica a Pozzallo, circa 4 ore dopo che l’Aurelia, nave quarantena, ormeggia nella banchina. Sono le 13 e l’ASP di Ragusa ha già montato le attrezzature che permetteranno al team sanitario di verificare le condizioni di salute dei migranti e di applicare le misure anti COVID19.

Ci accostiamo agli operatori e diamo la nostra disponibilità per eventuali mediazioni intanto che aspettiamo che le persone, 68 adulti e 2 minori non accompagnati, prendano posto sul bus che li trasferirà in Hotspot per l’identificazione e la registrazione dei dati personali, prima della salita in nave quarantena. Per tutti, da una prima osservazione, verifichiamo un buono stato di condizioni psico-fisiche, anche perché i vulnerabili hanno fatto trasbordo a Lampedusa e chi ha raggiunto Pozzallo non presenta urgente bisogno di assistenza sanitaria immediata. Ivoriani, tunisini, ghanesi, egiziani, siriani e bengalesi sono infreddoliti, spaventati e riferiscono ancora una volta del loro difficile viaggio.

E’ sulla terra fredda dell’inverno di Pozzallo che vediamo ripetersi le scene degli ultimi mesi. Assistiamo allo sbarco dei migranti, provenienti per lo più dalle rotte del nord Africa, ancora disorientati dal viaggio rischioso e con addosso appena gli indumenti e qualche documento.
Mi soffermo a guardare il ragazzo della Costa d’Avorio, mentre spalanca le braccia perché la polizia effettui i controlli di sicurezza. Gli cade una piccolissima sacca di plastica arancione dalla schiena. Si affretta a raccoglierla, e penso che dentro uno spazio così minuto lui ha tutto quello che ha potuto portare per iniziare una vita nuova. Un’ora dopo le file si ripetono. In uno spazio diverso, fuori dal porto, dove i migranti si dispongono ordinatamente per ricevere la documentazione che gli spetta e un primo pasto caldo della giornata. Il ragazzo bengalese è l’unico migrante di origine asiatica del gruppo. Mi avvicino fornendogli le informazioni sulle tappe successive che lo attenderanno e sul supporto psicologico che MEDU offre negli ambulatori di Ragusa, una volta che le persone troveranno ospitalità sul territorio. Lui ringrazia e sorride con gli occhi lucidi  e mi dice che è felice di sentirsi al sicuro, ché l’incubo della lunga traversata via terra e per mare è finito.

Tipo di documento: News,
Progetto: On-to, sbarchi in sicilia