Diario da Pozzallo – sbarco del 7 giugno | Medici per i Diritti Umani

Diario da Pozzallo – sbarco del 7 giugno

Dal team clinico di MEDU che ha operato allo sbarco:

Le condizioni generali dei migranti sono buone, anche se due persone vengono ricoverate subito in ospedale (una per ustioni). Al momento dello sbarco, le stesse persone che vengono individuate dalla nostra psicologa come più vulnerabili sono anche le stesse che la polizia immediatamente interroga, proseguendo poi all’interno dell’ hotspot.
Parliamo con i migranti. Ci raccontano di essere partiti da Gasr Garabulli (64 km a est di Tripoli, ndr) la sera della festa (la fine del Ramadan ovvero martedì 4 giugno, ndr) e di aver trascorso 3 giorni sul gommone prima di salire sulla “grande nave”.

“Ero in Libia dal 2014”, dice B.B., ragazzo di 19 anni del Senegal, sguardo basso e braccia incrociate. “Per 2 volte mi hanno messo in prigione. Tre mesi a Zawiya. Poi la seconda volta è stata per 9 mesi a Tripoli. Mi picchiavano ripetutamente sotto la pianta dei piedi (la cosiddetta falaka, ndr).” Riporta di dormire male, di avere flashback e di pensare continuamente a quanto gli è capitato.

“Le persone hanno paura di partire” ci racconta M.A, un ragazzo del Sudan. “Sanno che adesso non c’è nessuno per salvarti in mare. Questa felpa che indosso era di un mio amico, lui è morto l’anno scorso nel Mediterraneo. Era come un fratello per me.” Gli chiediamo com’è la situazione a Tripoli. “È pericoloso, molto pericoloso. Le milizie possono rapirti in qualunque momento. Io vivevo ad Ain Zara (sobborgo 15 km a sud est di Tripoli, ndr), lì adesso c’è la guerra. Senti gli spari tutti i giorni. Un giorno un edificio è controllato dalle milizie, il giorno dopo dall’esercito dell’est. Poi si scambiano di nuovo. È pericoloso. Io stavo non lontano dalla prigione di Salah al-Din. Chiedi in giro: quella è la prigione peggiore di tutte.”

Tipo di documento: News,
Progetto: esodi, On-to, sbarchi in sicilia