Mi chiamo Hania e da sei mesi sono una volontaria presso il centro clinico per la salute transculturale Psychè, dove Medu fornisce assistenza medico-psicologica alle persone sopravvissute a tortura e a trattamenti crudeli, inumani e degradanti.

Talvolta capita che i pazienti arrivino un po’ in anticipo rispetto al loro appuntamento, e così io e l’operatore sociale presente cerchiamo di metterli a loro agio mentre attendono il loro turno.

A volte non è sempre facile. Ad esempio, un giorno abbiamo conosciuto A., che cinque anni fa è arrivato in Italia dal Ghana. A. era molto silenzioso mentre sedeva nella sala d’attesa e visto che era una giornata calda gli abbiamo chiesto se volesse un bicchiere d’acqua, ma lui ha rifiutato. Dopo qualche minuto si è rilassato e abbiamo iniziato a parlare. A. ci ha raccontato che non riusciva a trovare la strada per la nostra clinica, così ha chiesto aiuto a qualcuno ma la persona ha rifiutato ancora prima che potesse domadargli qualsiasi cosa. Ci ha poi raccontato molte storie simili, ha parlato di quanto sia difficile per lui essere accettato in questo Paese e di come sia spesso trattato male dalle persone con cui interlocuisce. Dopo qualche minuto di conversazione, gli abbiamo offerto di nuovo un bicchiere d’acqua, e questa volta l’ha accettato.

“Questa è la prima volta a Roma che vengo in un posto dove le persone sono amichevoli, e non sono abituato a questo”, ci ha detto quando è tornato per il secondo incontro. „Grazie per quel bicchiere d’acqua – l’ultima volta ero molto agitato e non l’ho accettato per quello”.

Ecco, per me il centro Psychè, e quello che Medu fa qui dentro, è questo: un luogo dove si costruiscono relazioni che possono davvero fare la differenza in una vita.