Dalla frontiera alpina del Nord-ovest (valle di Susa) | Medici per i Diritti Umani

Dalla frontiera alpina del Nord-ovest (valle di Susa)

Potrebbe essere un'immagine raffigurante una o più persone, persone in piedi e attività all'aperto
La situazione alla frontiera nord-ovest in Alta Valle di Susa, dove da mesi MEDU sta monitorando le condizioni di vita e il rispetto dei diritti umani di uomini, donne e bambini provenienti principalmente dalla rotta balcanica e in transito verso la Francia, è prossima a un collasso programmato che si scarica soprattutto sui più vulnerabili.
Le principali criticità:
-Sul versante italiano il sistema di accoglienza si è in pochi mesi ridotto radicalmente. La casa occupata Chez Jesuoulx è stata sgomberata il 23 di marzo con procedimenti giudiziari a carico degli attivisti. Il rifugio Fraternità Massi ha dovuto sobbarcarsi in toto l’accoglienza con costante sovraffollamento, rischi sanitari e ritmi di lavoro per gli operatori anche di 24 ore. Il finanziamento del progetto di accoglienza, pur approvato, non è mai arrivato. Il risultato è stato che dopo qualche giorno a marzo di apertura 24 ore per tutti, poi l’accoglienza diurna è stata limitata ai più vulnerabili ed infine cancellata. Gli spazi per le famiglie, affittati ai salesiani, troppo onerosi, sono stati definitivamente restituiti. Donne, uomini, bambini, sono costretti a rimanere per strada durante le ore diurne, senza alcun tipo di assistenza e accesso ai servizi essenziali.
Per converso, in questi mesi è sorto uno spazio aperto a Claviere che ha svolto il ruolo di presidio solidale in frontiera con cucine ed attenzione medica anche grazie al contributo di No Nation Truck. Il 30 di luglio tale presidio ha cercato di radicarsi con l’occupazione della ex dogana, sgomberata dopo 5 giorni, aprendo la strada a nuovi procedimenti giudiziari.
Dall’altra parte della frontiera, in Francia, le Refuge solidaire ha chiuso i battenti, sfrattato dalle istituzioni, oberato da presenze ormai ingestibili, anche per l’impossibilità di garantire le necessarie misure anti-Covid.
Le persone in transito sono strette in una morsa da entrambi i lati della frontiera.
Il clima di criminalizzazione della solidarietà è accompagnato anche da cambiamenti nelle pratiche di controllo da parte delle forze dell’ordine. Dal 20 di luglio al 10 di agosto la polizia è intervenuta un giorno ogni due alle partenze degli autobus a Oulx per identificare, trasferire alla caserma di Bardonecchia per schedatura eurodac e per dissuadere con minacce coloro che erano in partenza. Tre volte è entrata al rifugio Fraternità Massi per portare famiglie a Bardonecchia per identificazione e consegna di fogli di espulsione o per obbligo a presentarsi in questura sotto minaccia di possibile arresto. Non siamo di fronte a prassi irregolari, ma certamente a un cambiamento di atteggiamento che sembrerebbe invalidare quelle prassi concordate a livello inter-istituzionale per cui il rifugio era un luogo neutro, libero da ordinari controlli .
Di fronte a questo quadro di assenza programmata delle istituzioni, di repressione verso le pratiche di solidarietà, di contrasto agli ingressi e transiti, i flussi crescono e cresceranno sia dai Balcani sia dalla rotta del Mediterraneo centrale. Il compito di stare affianco alle persone in transito ricade su volontari e società civile, esposti per questo al rischio costante di essere denunciati . Il costo di questo atteggiamento pubblico peraltro inefficace quanto crudele, ricade soprattutto sui più vulnerabili, donne, bambini, offesi, quelli che a parole si dichiara sempre pietisticamente di difendere.

Progetto: frontiera-solidale