Porti Insicuri – Rapporto Novembre 2013 | Medici per i Diritti Umani

Porti Insicuri – Rapporto Novembre 2013

[social_button button=”facebook” furl=”http://www.mediciperidirittiumani.org/porti-insicuri-rapporto-novembre-2013/” flayout=”button_count” fwidth=”450″ faction=”like” fcolorsheme=”light”]
Porti Insicuri. Rapporto di Medici per i Diritti Umani

Nel mondo contemporaneo sembra farsi sempre più profondo il solco tra individui e popoli liberi di viaggiare spostandosi da un continente all’altro e individui e popoli cui questa possibilità è preclusa, se non a prezzo di enormi difficoltà e, a volte, della stessa vita.
E se le frontiere esterne dell’Europa sono il punto di arrivo, spesso invalicabile, di lunghi e pericolosi tragitti di fuga dalle guerre e dalla violenza dei continenti asiatico e africano, anche all’interno dell’Unione europea alcuni percorsi di migrazione sono diventati da troppi anni rotte di sofferenza e di morte, gestite spesso da trafficanti senza scrupoli.
Nel solo anno 2012 cinque giovani afgani hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Italia dalla Grecia, viaggiando nascosti all’interno dei traghetti che attraverso l’Adriatico collegano questi due paesi appartenenti all’area Schengen, spazio di libera circolazione delle persone. Il 24 giugno 2012, due giovani afgani, in procinto di sbarcare al porto di Ancona con altri quindici connazionali nascosti nel doppiofondo di un pullman turistico, muoiono per asfissia dopo aver affrontato un viaggio di circa ventisei ore in condizioni disumane.
Altri tre sono ricoverati in ospedale in gravissime condizioni. Dopo alcuni giorni, nello stesso porto di Ancona, un profugo afgano muore investito dallo stesso tir in cui si era nascosto per affrontare il viaggio in nave dalla Grecia. Tra maggio e luglio due cittadini afgani vengono trovati morti per mancanza di ossigeno in altrettanti camion sbarcarti al porto di Venezia.
“Tragedie di clandestini” si ostinano a definirli nelle loro cronache, la maggior parte dei quotidiani, ignorando colpevolmente che coloro che hanno perso la vita erano persone in fuga da un paese in guerra con tutti i requisiti per fare richiesta di protezione internazionale nel nostro paese. Perché allora ogni anno all’interno dell’Europa alcune migliaia di potenziali richiedenti asilo – e, tra loro, molti adolescenti poco più che bambini – sono obbligati ad affrontare un viaggio che comporta rischi per la loro incolumità e la concreta possibilità di essere rimandati indietro? In realtà, infatti, la maggior parte dei migranti intercettati nei porti adriatici dalle autorità di frontiera del nostro paese – per lo più cittadini afgani e siriani -, sono rimandati in Grecia in base ad un accordo bilaterale di riammissione messo più volte sotto accusa da molte organizzazioni per la tutela dei diritti umani sia per i suoi contenuti sia per le modalità con cui viene applicato.
Secondo i dati del Ministero dell’Interno, ad esempio, nel corso del 2012, il 90% dei 1809 stranieri irregolari rintracciati ai valichi delle frontiere marittime di Venezia, Ancona, Bari e Brindisi, è stato rimandato in Grecia dalle autorità italiane. Essere respinti in Grecia – essere riammessi, secondo la terminologia formale – significa, per queste persone, tornare a vivere in condizioni inumane e degradanti in un paese piegato dalla crisi economica e da una violenza xenofoba senza precedenti, dove le possibilità di accoglienza e integrazione per i migranti sono ridotte al minimo e le tutele per i richiedenti asilo sono pressoché inesistenti.
Dal 2006, Medici per i Diritti Umani (MEDU) fornisce assistenza e orientamento socio-sanitario ai molti giovani e giovanissimi afgani che dopo essere sbarcati sulle coste adriatiche, giunti a Roma, hanno trovato a lungo come unica accoglienza la strada e le sue terribili condizioni di vita e solo recentemente una struttura provvisoria di primo supporto nei pressi della stazione Ostiense. Nel corso degli anni i medici e gli operatori di strada di MEDU hanno raccolto decine di testimonianze di profughi, spesso minori, respinti in modo del tutto sommario dai porti adriatici, maltrattati dalla polizia greca e da quella italiana, perseguitati nel paese ellenico da gruppo xenofobi e costretti a condizioni di vita degradanti.
Imran viene dall’Afghanistan, vive in Italia dal 2007, gli è stata riconosciuta la protezione sussidiaria e lavora in una fabbrica. Perfettamente integrato nel nostro paese, da molti anni Imran è anche volontario di MEDU come mediatore culturale ed è in grado di comprendere bene le sofferenze di tanti profughi appena arrivati a Roma. Anche lui è arrivato dalla Grecia e ha raccontato molte volte di come si sia nascosto nei tir e sia stato picchiato dalle forze dell’ordine greche, di come sia stato scoperto e respinto dal porto di Ancona senza poter fare richiesta d’asilo, di come sia stato deriso e maltrattato dalla Polizia di Frontiera italiana.
Sulla base di queste premesse, MEDU ha avviato nel 2013 un’indagine-intervento per conoscere più a fondo il problema delle riammissioni dall’Italia alla Grecia. Per sei mesi, Medici per i Diritti Umani ha fornito assistenza sanitaria a centinaia di migranti e richiedenti asilo in Grecia e in Italia, ha raccolto decine di testimonianze e incontrato ONG, istituzioni e singoli operatori.

Per leggere il rapporto completo, scarica il formato in pdf
Leggi ancheLA SCHEDA RIASSUNTIVA DEI DATI
Leggi anche LE TESTIMONIANZE
Vedi IL VIDEO – reportage RIAMMESSI di ZaLab

Tipo di documento: Report