COLOMBIA: GUERRA E PACE NEL CHOCO’ | Medici per i Diritti Umani

COLOMBIA: GUERRA E PACE NEL CHOCO’

In Colombia, nel mezzo di un devastante conflitto civile che dura da mezzo secolo, Medici per i Diritti Umani sostiene lo straordinario lavoro dei promotori di salute e delle parteras delle comunità indigene e afro-discendenti del Chocò.

Colombia ChocòSi dice che non esistano conflitti più atroci delle guerre civili. L’ultimo mezzo secolo della storia della Colombia sembra confermarlo. Esattamente cinquant’anni fa, nel maggio del 1964, Manuel Marulanda detto Tirofijo guidava la rivolta armata contadina di Marquetalia nella regione del Tolima. Nasceva la guerriglia delle Farc, Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia, e aveva inizio un conflitto armato interno che, ad oggi, è costato a questo paese quasi quattro milioni di sfollati, quindicimila desaparecidos e seicentomila vittime.
Del resto la violenza politica ha segnato la storia della Colombia fin dall’indipendenza. Ne El amor en los tempo del còlera Florentino Ariza, temendo di diventare vecchio nell’attesa, rifiuta la condizione impostagli dalla madre di attendere la fine della guerra civile per sposare l’amata Fermina Daza poiché “in più di mezzo secolo di vita indipendente il paese non aveva avuto un solo giorno di pace civile”.
Esattamente mezzo secolo dopo i fatti di Marquetalia, la Colombia è a un bivio importante, il 15 giugno si svolgerà il secondo turno delle elezioni presidenziali che sarà anche una sorta di referendum popolare sul processo di pace tra le Farc e il governo colombiano avviato dal presidente Santos che si ricandida per un secondo mandato. Nel corso dei negoziati, che si svolgono a Cuba da oltre un anno, sono stati già raggiunti due accordi parziali riguardanti la riforma agraria in favore dei piccoli coltivatori e la futura partecipazione politica delle Farc. Rimangono ora da sciogliere alcuni dei nodi più difficili per arrivare alla pace: il narcotraffico e la riparazione delle vittime di guerra.

Nella parte nord-occidentale della Colombia, la regione di Urabà, che in lingua nativa katia significa “terra promessa”, è uno straordinario crocevia ubicato tra il Pacifico e l’Atlantico, in quello stretto lembo di terra che tiene unite la parte meridionale del continente americano con la sua parte centrale e settentrionale. Proprio qui, la strada Panamericana che unisce l’Alaska all’estremo sud dell’Argentina, è costretta a interrompersi di fronte alla fitta selva tropicale delle alture del Darièn.
Questa terra tropicale ha visto alcune delle peggiori atrocità consumatesi nel corso della guerra colombiana. Nella regione di Urabà sono nate le AUC, Autodefensas Unidas de Colombia, il più potente e feroce gruppo paramilitare di estrema destra, avversario delle Farc e autore di innumerevoli massacri sulla popolazione civile.
Con le AUC, il terrore come strategia di controllo della popolazione civile – praticato indiscriminatamente sia dai paramilitari che dalla guerriglia – ha raggiunto i suoi estremi più raccapriccianti fino alla pratica generalizzata dello squartamento delle vittime.
Nel rituale della palada y media le vittime, quasi interamente nude e con gli occhi bendati, venivano letteralmente fatte a pezzi con delle motoseghe. Oggi le AUC non esistono più, essendosi sciolte nel 2006 a seguito di un processo di smobilitazione che molti settori della società civile hanno bollato come “processo di impunità”. Esistono però i gruppi paramilitari riemergenti come le famigerate Aguilas Negras, ben conosciute nell’Urabà e in quella parte del suo territorio chiamato Bajo Atrato dove opera Medici per i Diritti Umani. Il Bajo Atrato si trova nel dipartimento del Chocò e contiene l’ultima parte del fiume Atrato prima che questo si getti nel Golfo di Urabà e nel mar dei Caraibi.
Le comunità afrodiscendenti e le comunità indigene Embera Katio, Chami e Wuaunan che popolano il sistema di foresta tropicale e di corsi d’acqua del Bajo Atrato, uno degli ecosistemi più umidi del mondo, ricordano bene i giorni di febbraio del 1997 quando un nome biblico diventò per loro il simbolo della guerra che ha devastato questi territori. Durante l’operazione Genesis, messa in atto dall’Esercito insieme a unità paramilitari delle AUC contro il Frente 57 delle Farc, migliaia di civili furono costretti ad abbandonare le loro terre e a sopravvivere in condizioni di totale privazione per molti anni.
Solo nel dicembre scorso la Corte Interamericana dei Diritti Umani ha infine condannato lo Stato Colombiano riconoscendo le sue gravi responsabilità per non aver tutelato dalla morte e dallo sfollamento la popolazione civile in balia del terrore paramilitare.
In questo mare di violenza è nata nel 2005 la straordinaria esperienza dei promotori di salute delle comunità indigene ed afrodiscendenti del Bajo Atrato. Il progetto dei promotori di salute, che Medici per i Diritti Umani sostiene dal 2009, raggiunge oltre quaranta comunità distribuite nella cuencas di sei fiumi affluenti dell’Atrato: Salaquì, Truandò, Cacarica, Curvaradò, La Larga e Jiguamiandò.
Il Chocò è una delle regioni più povere ed emarginate della Colombia e qui il processo di privatizzazione del sistema sanitario colombiano, avviato alla fine degli anni novanta, ha avuto effetti più devastanti che altrove.
Di fatto, nelle comunità rurali del Bajo Atrato, il sistema sanitario pubblico, rappresentato dalla cosiddette Imprese Prestatrici di Salute, non arriva quasi mai.
La maggior parte delle comunità distano diverse ore di marcia o di canoa dal centro municipale di Rio Sucio dove si trova un centro di salute fatiscente, spesso impraticabile perché privo di medici oppure pieno di acqua per i periodici straripamenti del fiume.
Le comunità scontano così un triplice isolamento. Geografico, perché molte di esse, anche a causa del conflitto, si trovano in zone difficilmente raggiungibili della foresta umida.
Bellico, perché a causa della presenza di guerriglieri, paramilitari e dell’esercito in aperto conflitto tra di loro, il tragitto per raggiungere in centro urbano di Rio Sucio, già di per se accidentato, diventa spesso estremamente pericoloso.
Istituzionale, perché in sostanza decine di migliaia di persone, vengono giudicate troppo povere e non redditizie per un sistema sanitario semi-privatizzato, e quindi abbandonate a se stesse.
Ci troviamo in un pezzo di terra che fa da cerniera a due semi-continenti, considerato strategico sia per mega progetti con enorme impatto ambientale (coltivazione delle palma africana per il biocombustibile, canale inter-oceanico, autostrada panamericana) sia per traffici illeciti di uomini di droga e di armi.
Solo gli abitanti di questa terra vengono considerati “non strategici” e un sostanziale intralcio ai progetti di poteri di varia provenienza.
Nelle comunità del Bajo Atrato, prive di corrente elettrica, di acqua potabile, di sistemi fognari, i bambini muoiono ancora nel silenzio a causa di diarree e di polmoniti. La mortalità per tubercolosi è il doppio di quella registrata a livello nazionale.
Il lavoro comunitario dei promotori di salute ha rappresentato dunque in questi anni l’unica opzione di vita e di salute, oltre alla medicina tradizionale, per una popolazione schiacciata dalla logica spietata di una guerra endemica.
Parlando dei promotori di salute il termine straordinario non ci sembra usato a sproposito. Si tratta di uomini e, soprattutto, di donne, che scelti dalla loro comunità si dedicano a formarsi nel campo della prevenzione e della cura per dare un servizio volontario e qualificato a tutta la collettività.
Nei fatti, le uniche altre risorse sanitarie di cui dispongono le comunità sono le parteras, le ostetriche tradizionali, e gli jaibanà, gli uomini della medicina tradizionale che nella cosmovisione indigena si occupano delle malattie dello spirito.
Nel Bajo Atrato le nascite avvengono sempre all’interno della comunità e le parteras sono un’istituzione poiché rappresentano l’unico ausilio esperto al momento del parto per delle donne che, spesso, sono solo poco più che bambine.
Nel corso degli anni le ostetriche tradizionali hanno iniziato a lavorare in sinergia con i promotori di salute – soprattutto nelle campagne dei pap test, – e a partecipare ai corsi di formazioni organizzati dall’equipe progetto di MEDU composta da medici, ostetriche e logisti.
Anche tra gli jaibanà e i promotori di salute esiste una collaborazione nel rispetto dei rispettivi ambiti di competenza: le malattie dello spirito per gli uni, le malattie del corpo per gli altri. E lo spirito, al pari del corpo, ha subito in questi anni di violenza e di sradicamento, delle ferite profonde che si riflettono nelle tragiche epidemie di suicidi in diverse comunità indigene del Chocò.

La enfermedad aquì nunca dice adios, sino hasta luego” (la malattia qui non dice mai addio, ma arrivederci), il vecchio leader indigeno sintetizza così i problemi di salute della sua comunità embera, nascosta nel profondo del fiume Salaquì, che visitiamo insieme all’equipe progetto al principio di maggio.
Nella vicina cuenca del Cacarica da poco tempo c’è stato un’epidemia di gastroenteriti in alcune comunità indigene. I più colpiti sono stati i bambini con meno di cinque anni. Ancora una volta ci sono state delle morti.
Ma la comunità ci tiene anche a parlarci del sistema di acqua potabile (unico in tutti villaggi del Bajo Atrato) e della recente installazione del collegamento internet nella sua scuola superiore bilingue. Il che è una sorprendente dimostrazione della capacità di proiettarsi verso il futuro in una regione dove ancora mancano i servizi più elementari.
Tutta la comunità riunita nel grande tambo circolare ci tiene a ribadisce l’importanza fondamentale del lavoro di Erika, una delle promotrici di salute più esperte. Se in queste comunità tornerà finalmente la pace e lo Stato deciderà infine di affacciarsi in questa terra, dovrà riconoscere il coraggioso, prezioso e testardo lavoro di salute portato avanti dai promotori di salute in tutti questi anni.

Alberto Barbieri
Medici per i Diritti Umani

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Medici per i Diritti Umani è presente in Colombia dal 2007 con interventi umanitari e progetti di salute comunitaria nella regione di Urabà.

Tipo di documento: Comunicati stampa